"Ricordone miagolante" Traccia di omelia di don Valerio del 25° di ordinazione, 7 maggio 2023 (pdf)
«Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via».
Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.» (Gv 14,2b-6)
L’immagine che mi viene in mente è quella del gattino.
C’è un gattino che sta su un albero, arrabbiato e impaurito. Questo gattino è scappato perché pensa che qualcuno ce l’abbia con lui. Se ti avvicini lui ti graffia. Lui è su quell’albero e lì morirà di fame. È impaurito e più ti avvicini più questa paura cresce.
Quel gattino sei tu.
Pensi che Dio ce l’abbia con te.
Dici: mi hai fatto restare zitella. Dici: me ne hai fatte troppe. Dici: non solo mi è morta mia figlia ma poi sono pure qui, malato di questo male terribile e abbandonato da tutti. Dici: mi hai dato una moglie insopportabile, io non ce la faccio, mi prendo un’amante. Dici: questo marito che mi ha messo le corna il Signore non doveva darmelo. Dici: mi hai fatto sperare che mi sarei affermato nel lavoro e ora guarda come sto messo. Dici: tutte a me mi capitano, sono proprio sfortunata. Dici: volevo essere santo, invece sono un cretino, con sempre gli stessi peccati e più vado avanti più ne faccio di gravi. Dici: ho una vita squallida, devo avere un po’ di piacere e me lo prendo. Dici: mi hai fatto morire mia moglie di tumore a meno di quarant’anni, con un bambino di cinque mesi e un altro figlio adolescente. Poi mi hai dato una suocera che si è ammalata e io ho dovuto gestirla tutta la vita da solo. Io sono arrabbiato con te. Dici: una vita da prete sfigato, sempre alla rincorsa di qualcuno che se lo fili, con pochi successi pastorali. Quello che ho fatto sembra essere completamente inutile. Mi avvio a una vecchiaia da solo e dimenticato da tutti. Dici: “prendimi, Signore, perché non sono migliore dei miei padri”, come diceva Elia.
Se devi salvare un gattino su un albero questo gattino magari ti graffierà e ti morderà, però forse puoi riuscirci. Ma se invece di essere un gattino fosse un gatto un po’ più grosso ti graffierebbe parecchio. E se invece fosse una tigre e se questo albero fosse un’acacia spinosa, con le spine lunghe tre centimetri? E se per raggiungere questa tigre ti dovessi bucare mani e piedi e anche il corpo con queste spine, con un dolore spaventoso? E se quando arrivassi alla tigre e cercassi di prenderla ti desse una zampata che ti sfregiasse la faccia e ti cominciasse a mordere e staccare le dita? E se tu riuscissi a portare questa tigre giù, afferrandola con grande forza, mentre lei ti dilania il braccio e tu ti ferissi orribilmente su questo albero? E se, sceso a terra, la tigre affamata si rivoltasse verso di te e ti sbranasse? Lo faresti? Riusciresti ad andare a salvare quella tigre sapendo che ti farà questo?
Ecco, questi siamo io e te davanti a Dio. Questo è Gesù Cristo. Tu sei quella tigre.
Chi è il prete? È uno che cerca di convincere gattini e tigri a farsi acchiappare. È uno che in certi momenti dovrà parlare inascoltato, in certi momenti dovrà sentirsi graffiare e soffiare addosso, e che in certi momenti dovrà accettare di essere lui come Gesù e salire su quell’albero. È uno che quando vede questa fatica dice: non ce la faccio!
Io sono quell’uomo, incapace di fare questo.
Io sono l’aiutante di questo maestro, che è salito sull’albero per me. Io so cos’ha fatto per me, e ho capito che devo aiutarlo. Però non ce la faccio, sono spaventato. Sono come il profeta Giona: Dio gli dice di andare a predicare a Ninive la conversione, e lui non vuole andarci. Certe volte sono come quel Giona che, vedendo quanto gli sarebbe costata la predicazione, scappò dall’altra parte, su una nave.
Ecco, se c’è qualcosa di bello che ho fatto nella mia vita è stato aiutare Gesù a salvare quella tigre che sei tu. Se c’è qualcosa di buono che ho fatto nella mia vita è accettare di collaborare con Gesù soffrendo anch’io per venirti a parlare. Se c’è qualcosa che resterà della vita tua è se tu aiuterai Gesù.
Gesù è la via la verità e la vita.
E lui dice: verrò a prenderti, perché ti ho preparato un posto e ti ci voglio portare, ma non ti forzerò.
Se tu non accetterai di essere preso Gesù, piangendo per te, ti lascerà lì sull’albero. Si arrampicherà fino a te, tu lo vedrai graffiato, ferito, dilaniato e penserai: questo è il mio nemico. Me lo diceva Franco, parlandomi della sua storia, che era arrabbiato con Gesù. Me lo diceva Mario in quel letto di ospedale: Dio me ne ha fatte troppe! Me lo diceva quel ragazzo che ha fatto catechismo a Santa Chiara e che ora è buddista, perché la vita gli è andata storta, e io ricordo che un giorno desiderava farsi prete. Me lo diceva quell’ateo: io ho i valori cristiani, non mi interessa Dio, Gesù, non mi serve.
E tu sei su quell’albero, e Gesù ti dice: lasciati prendere! E tu rispondi: no, me ne hai fatte troppe! Io e te gattini impauriti, io e te tigri feroci, io e te pronti ad azzannare la mano di colui che ci sta venendo a prendere… Io, sacerdote incapace di convincere te, perché anch’io sono su quell’albero. Io, sacerdote mandato a fare quello che mi supera. Io, sacerdote che tante volte non ho saputo aiutare, non ho accettato di soffrire con Gesù.
Io qui, sacerdote da venticinque anni, faccio i conti: quanti gattini, quante tigri, quante anime ferite, e io? Ho aiutato qualcuno a scendere da quell’albero? Ho aiutato qualcuno ad arrendersi a Gesù Cristo?
Signore tu lo sai. Tu sai quante volte mi guardo indietro e dico: ma che ho fatto nella vita? Sai quante volte penso: “una vita inutile…”? Tu sai che ogni tanto vedo qualcosa di bello e dico: grazie Signore! Ma quante volte guardo la mia vita e la vedo nera.
Signore Gesù, tirami giù da questo albero! Io sono quel gattino prete che sta lì, feroce, una specie di gatto selvatico mezzo incavolato con te, che dice: Signore, mi hai promesso santità e guarda, sono uno sfigato! Sono come il gatto arrabbiato che quando ti avvicini ti morde, ma che non lo fa in modo aperto, lo fa con piccole compensazioni. Io sono quel gatto che si incavola perché pensa: “mi hai dato una vita sfigata. E allora io mi compenso!”.
Signore Gesù, ho venticinque anni di sacerdozio, vorrei arrendermi a te. Vorrei che tu mi acchiappassi. Vorrei tanti successi pastorali, ma non ho il coraggio, la forza d’amare, la forza di diventare uno che si lascia ferire dalle spine di quell’albero e sbranare. Signore, tu sei sulla croce e mi guardi ora, qui, in questa chiesa. Venticinque anni fa ero a San Pietro e tu mi facevi un regalo. Che è rimasto di questo regalo? Quella scatola piena di doni forse è ancora mezza chiusa. L’ho messa da qualche parte in cantina, è arrivata l’inondazione ed è stata rovinata. Signore, io non so fare i bilanci di questa vita. Vedo cose molto belle e cose ordinarie, ma io avrei voluto cose straordinarie. Signore mio oggi, qui, davanti a questi tuoi figli, che sono venuti perché qualcosa forse è passato tra me e loro, ti faccio una preghiera: fammi un buon aiutante di te, salvatore di gattini. Se un dono ti chiedo è quello di aprire il cuore di questi tuoi figli. Se la mia vita fosse così, spesa per salvare solo un gattino, io ti ringrazio. Vorrei qualcosa da te: fa’ che io smetta di pensare che devo salvare io il mondo. Fa’ che io smetta di reagire a te e di impedire ai tuoi figli di arrivare da te. Signore fa’ che io possa vivere quello che dice Davide nel Salmo 51: «Allora gradirai i sacrifici prescritti, l’olocausto e l’intera oblazione, allora immoleranno vittime sopra il tuo altare». Questa parte della mia vita sia offrire sacrifici graditi a te, sia collaborare con te offrendo la vita. Che io scenda dall’albero della ricerca del successo e dell’eroismo per salire sulla tua macchina, perché io mi lasci trasportare da te. Fa’ che io sia disposto a quella fatica ingrata, fa’ che io possa arrampicarmi insieme con te per convincere quei gattini. Signore, questo ti chiedo oggi: ci sono davanti a te tanti gattini impauriti, fa’ che oggi io possa dirgli qualcosa che li aiuti a scendere da quell’albero.
E ora ve lo dico: Gesù è la via, la verità e la vita, non vai al Padre, non vai alla salvezza, non arrivi alla felicità se non accetti che lui venga a prenderti.
Gattino mio, gattina mia, fammi fare il prete oggi, venticinque anni dopo quel giorno, lascia che ti dica: accogli quelle mani di Gesù che vogliono prenderti!
È tutto qui.
Una vita da prete.
Una vita per convincerti a lasciarti acchiappare da Gesù Cristo.
Grazie di avere partecipato, prega per me e io per te